Dialogo interculturale

Fronte del Borgo: Felicità a babordo!

Quel lusso di ritornare bambini a... Fronte del Borgo

Fronte del Borgo: Irene Gattai e Alessandro Telesca sono compagni di classe da parecchio, ormai. Frequentano entrambi il secondo anno del corso di Serialità e sono a un passo dai mitologici Opening Doors, clamoroso evento post-diploma che li atterrisce e li galvanizza al tempo stesso.

In Fronte del Borgo prestano l’energia di volontari sin dai loro primi mesi in Holden, e sul nuovissimo Galeone inaugurato nel novembre scorso si sono imbarcati con entusiasmo.

“Prima di salire a bordo, noi mozzi indossiamo un cartellino con su scritti i nostri nomi”, racconta Irene. “La prima volta che mi tocca farlo, però, non mi accorgo che per tutto il tempo il mio cartellino rimane al contrario, quindi i bambini del doposcuola non imparano subito come mi chiamo. Quando mi chiamano maestra indico il mio nome, ma puntualmente realizzo che non si legge. Un giorno consegno il meritato gettone a Giada [quando svolge efficacemente le sue mansioni, la ciurma accumula in un forziere decine di dobloni di carta che a fine anno scambieranno con un ricco bottino, n.d.R.] e poi la invito a firmare il lavoro svolto.

Lei però propone che sia io a scrivere il suo nome mentre lei scrive il mio. Accetto e, mentre firmo, Giada gira il mio cartellino e scrive Irene sul gettone.

«Adesso il tuo nome è nel forziere». Ora, dopo tre mesi, quando i bambini si accorgono che il cartellino è a rovescio lo mettono a posto, ma mi chiamano ancora maestra e poi scoppiano a ridere”. 

Per Alessandro è una questione di scoperte. Di scoperte e di espressioni.

“È stato sorprendente rendermi conto che Ruben conosce la storia del Millennium Falcon – quello ritratto sulla mia maglietta – meglio di me. Ed è stato emozionante, dopo ore di secchi ‘no’, veder sorridere Kyle al solo sentir nominare le carte dei Pokémon.

Per non parlare di Camillo: con lui ormai è una gara a chi fa più velocemente i calcoli – sì, vince sempre lui. Ma il sorriso più sincero? Mi si è dipinto sul volto quando ho aiutato Keith con la storia romana: quelle date, quegli eventi da ricordare… erano gli stessi che anche io, da piccolo, facevo fatica a imprimere nella mente. Abbiamo cominciato a fare uno schema, come quelli che mi avevano tanto aiutato alla sua età. Non è stato facile, ma è uscito da lì stringendo in pugno lo schema e un’espressione felice. E non è per questo che siamo qui?”

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