Dialogo interculturale

Penso Interculturale by Simone Checconi

Penso interculturale di Oumou Niang

Prosegue con il brano di Simone Checconi il racconto ideato con al Quinta Giornata interculturale Bicocca, svoltasi nel 2018 grazie alla partnership tra BMW Italia e l’ateneo Milanese.

Sto camminando in un edificio della Bicocca e, ad un certo punto, vedo una tela altissima: sale su per tre piani, tutta colorata di verdi, rossi e gialli; vi è raffigurato un viaggio.

“Quest’opera d’arte non può certamente appartenere alla mia cultura” penso. Ma allora cosa ci fa qui? Mi avvicino e leggo: “PATACHITRA BICOCCA: Forma d’arte etnica indiana … strisce di carta dipinte a mano, che contengono delle narrazioni suddivise in scene … il PATACHITRA BICOCCA racconta una narrazione di incontro e conoscenza reciproca”.

In quel momento capisco il significato o, forse, uno dei tanti significati di “pensare interculturale”: questa tela è un ponte concreto grazie al quale due culture così lontane hanno potuto trovare un porto comune a cui approdare.

Per usare le parole di Vinicio Ongini, questo Patachitra è un oggetto-ponte che mescola i materiali culturali di due comunità, combinando la visione del mondo di due popoli che, pur mantenendo la propria identità, si ritrovano coinvolti in un processo di connessione, di ibridazione.

Quello di Ongini è un richiamo all’importanza di pensare concretamente all’interculturalità; è un’idea che ricorda il concetto winnicottiano di area transizionale: uno spazio posto tra la nostra realtà interna soggettiva e quella esterna oggettiva.

Se immaginiamo quest’area transizionale a livello culturale, essa diventa mediatrice tra la nostra Weltanschauung e quella di chi abbiamo di fronte e il contatto può avvenire grazie ad un “oggetto-ponte”, che può essere un personaggio-ponte, un’esperienza-ponte o una passione condivisa che favorisca uno scambio comunicativo o, come direbbe Gabriele Iannaccaro, un’ibridazione culturale.

Per pensare interculturale potremmo partire proprio da questi oggetti-ponte, i quali creano ingroup ed eliminano i pregiudizi, perché la conoscenza reciproca sconfigge l’ignoranza, prima causa di razzismo. 

Ecco allora che pensare interculturale significa trovare uno spazio comune di interazione, un logos condiviso.

Simone Checconi
Corso di Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche 3°anno

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