Anche quest’anno, BMW e I Bambini delle Fate riconfermano la loro collaborazione, e a fare da punti cardinali nel nuovo viaggio di Franco e Andrea – un viaggio padre e figlio attraverso l’Indonesia – sono sempre l’inclusività, l’amore per l’avventura e la libertà, e la passione per la moto.
Ma chi sono I Bambini delle Fate? E Franco e Andrea? I Bambini delle Fate è un’impresa sociale che dal 2005 a oggi assicura sostegno economico a progetti di inclusione sociale a beneficio di famiglie con autismo e altre disabilità, con ricadute forti anche sulle comunità coinvolte. Franco e Andrea nello specifico – i frontmen di questa impresa sociale – dal 2010 perseguono questo obiettivo anche intraprendendo dei viaggi lunghi e avventurosi. E in queste avventure, da sempre il loro mezzo-simbolo è la moto – salgono in sella a una BMW di ultima generazione e attraversano popoli e paesaggi. Viaggiano liberi, loro due, con pochi bagagli nel bauletto e, in tasca, tante scommesse vinte, tante incredibili sorprese, finendo anche con lo scrivere un nuovo, straordinario capitolo della storia delle due ruote.
Ecco, appunto: come è nata la moto? Per iniziare questa storia – a proposito di sorprese – partiamo da un aneddoto. È il 1967. Un idraulico sta ristrutturando l’appartamento di un palazzo appena fuori Chicago. Per poter accedere a un tratto delle tubature, è costretto ad abbattere un’intera parete, la cui posizione sembra sospetta. Mattone dopo mattone, appare un’ampia intercapedine, e dal buio emerge la sagoma di qualcosa di inaspettato. Nascosta in quello spazio, c’è una vecchia motocicletta. L’anziano proprietario di casa confessa di sapere dell’esistenza di quell’oggetto: il figlio l’ha rubata moltissimi anni prima, l’ha celata dietro quel muro e poi è partito per la Prima Guerra Mondiale. Purtroppo, il figlio non ha mai fatto ritorno dal fronte e quella moto è rimasta lì per cinquant’anni. È firmata Traub sul motore, sul serbatoio e su altre componenti, e riporta una data, 1917, che dovrebbe collocarla nell’epoca dei telai rigidi con due sole marce e frenate primordiali; invece la Traub offre tutta una serie di innovazioni che la pongono uno o due decenni avanti, creando una contraddizione al limite del mistico: o la data non è autentica, oppure chi la progettò era un genio isolato, capace di anticipare il futuro della motocicletta di almeno vent’anni. Purtroppo di questo veicolo non si sa altro, se non qualche passaggio di proprietà: dapprima acquistata per pochi spiccioli da un negoziante di biciclette, poi da Bud Ekins, famosa controfigura di Steve McQueen, poi dal collezionista e restauratore Richard Morris, infine da Dale Walksler, curatore del Wheels Through Time Museum, dove il mezzo si trova tuttora.
Questo è soltanto uno – il più misterioso – dei molti esempi di come la moto sia diventata, nel tempo, una vera e propria reliquia, da conservare e idolatrare, che sia in bella vista in un museo o al sicuro dietro una parete.
Il fatto che sia diventata uno dei veicoli più collezionati al mondo, però, lo deve al suo passato, alla sua storia: è stata il frutto dell’ingegno di uomini che, dalla fine del diciannovesimo secolo ad oggi, si sono sempre scervellati per migliorane le forme, le prestazioni, la resistenza, l’estetica.
Andiamo allora alla radice. La sua prima invenzione risale a Louis-Guillaume Perreaux, ingegnere normanno dedito alla progettazione di oggetti visionari fin dalla tenera età – a soli dodici anni crea un bastone da passeggio che è anche un fucile; nel 1869 realizza un veicolo a due ruote funzionante a vapore: una bicicletta sottile, sinuosa, che sotto il sellino riporta un motore simile alla conchiglia di una chiocciola. Il primo progetto di motocicletta dotata di motore a combustione interna, invece, è di Giuseppe Murnigotti, inventore e urbanista bergamasco prolifico e baffuto; nel 1879 deposita il brevetto di una biposto mossa da un propulsore a combustione gassosa, il cui progetto, però, non vedrà alcuna realizzazione concreta. Perciò, il primo vero prototipo si deve a Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach, due inventori tedeschi che segneranno in maniera indelebile il mondo dei motori; nel 1885, in una piccola officina, montano un monocilindrico verticale su una bicicletta con telaio di legno: nasce così la Reitrad, la prima motocicletta della storia. Sono poi gli ingegneri Heinrich e Wilhelm Hildebrand e Alois Wolfmüller a far arrivare questo mezzo al grande pubblico: nel 1894 immettono sul mercato la prima motocicletta di serie, che sarà anche la prima a partecipare a una corsa. Da quel momento, in tutto il mondo si formano numerose altre aziende – e altrettanti circuiti di competizione – che contribuiranno alla sua evoluzione fino a come la conosciamo oggi.
Appunto, torniamo ad oggi. Per la maggior parte degli appassionati, ormai, la moto è uno stile di vita a tutti gli effetti, ma negli ultimi anni è diventata molto più di un semplice oggetto da collezione, di un veicolo ultra-tecnologico. Qui, torniamo a I Bambini delle Fate: come dimostrano proprio Franco e Andrea, ora, è un vero e proprio strumento di inclusione, oltre che il mezzo che meglio permette un abbraccio totale – tra conducente e passeggero, tra viaggiatori e paesaggio, tra battito del cuore e pulsazione del motore, e via dicendo. Ormai sono dieci anni che I Bambini delle Fate, con BMW, fanno della moto un nuovo, straordinario simbolo, e il capitolo che stanno scrivendo insieme, fianco a fianco, è proprio questo: far sì che diventi il modo più veloce per raggiungere un futuro migliore.