Quando abbiamo invitato nel rinnovato Fronte del Borgo gli iscritti all’a.a. 2016-17, le matricole dagli occhi stellati, abbiamo chiesto loro di rispondere a un paio di domande spettinate per testarne l’attitudine a… bambineggiare con criterio: i volontari del nostro doposcuola devono essere un po’ bucanieri un po’ formatori – non è un equilibrio facile quel che chiediamo loro di mantenere e coltivare.
Elisa Leoni e Martina Malachin frequentano entrambe il primo anno del College Scrivere, ma sono in due classi diverse: in comune hanno una naturale propensione a coltivare il loro gnomo interiore a colpi di progetti per l’infanzia, occhio al dettaglio e un’innata ironia.
Scrive Martina: “Provando a descrivere Fronte del Borgo a qualcuno che (ahimè) non lo conosce, direi che è un luogo in cui tutto ciò che popola l’immaginazione di un bambino di otto anni diventa realtà. Io non ho otto anni da un bel pezzo, purtroppo: e so che più cresco più rischio di perdere per strada la mia polvere di stelle.
“Per ovviare al problema, faccio la volontaria su un galeone dove pirati in miniatura mi chiedono di insegnare loro quello che sta tra la tabellina del sette e l’impero della Cina”.
“Il segreto che mantengo con loro è che, mentre stiamo insieme, quella che impara di più sono io: a vederla – quella polvere – dovunque mi capiti, e a metterne un pizzico in tutto quel che scrivo e che faccio.”
Elisa ci porta a bordo così: “Jade ha delle treccine perfette che partono dalla fronte, fanno una ricamata coroncina sopra le orecchie e poi diventano fili sottili dietro la nuca. Mi chiederà di andare in bagno tra venti minuti al massimo, nel suo piccolo inganno innocente: leggere è faticoso, per lei.
Non c’entra il colore della sua pelle. È solo la prima elementare. E poi la spuma che esce dai dispenser accanto al rubinetto le piace tantissimo: «Adesso che mi sono lavata mi dai la mano?».
La mano gliel’ho data anche prima. Non perché avessi paura che scappasse via. Ma perché le sue dita hanno accennato una carezza alle mie. Jade è una tipina tosta.
Ma anche quando ci risediamo davanti al libro cerca il mio anello sotto il tavolo e lo stringe. E scandisce: «L’uc-ceel-li-no non vuo-le lascii-a-re il ni-do».”
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